Spiritualità e leggenda sui monti della Valle Camonica
In questo articolo vi parlerò dell’eremo di S.Glisente, una delle più note e suggestive chiese campestri bresciane, per la posizione dominante la media Valle Camonica, per la sua storia e per la presenza di un’antica cripta d’alta quota.
In un luogo tanto ricco di storia non potevano mancare gli echi di vecchie leggende…
Si narra infatti che Glisente, un cavaliere franco, e i suoi fratelli, Fermo e Cristina, arrivarono in Valcamonica al seguito dell’esercito di Carlo Magno. Stanchi delle violenze e dei morti causati dalla guerra con i Longobardi, dopo la battaglia del Mortirolo decisero di ritirarsi in eremitaggio sui monti della media valle Camonica e di dedicare alla preghiera ed alla meditazione la propria esistenza.
Glisente, aiutato da un’orsa, si stabilì sui monti di Berzo, Fermo, assistito dal fido scudiero Rustico, su quelli di Borno e Cristina nei pressi di Lozio.
Nella solitudine continuarono a comunicare fra loro, per il resto dei loro giorni, accendendo dei falò di sera, quasi a testimoniare di essere ancora in vita. Non essendo direttamente visibili tra loro i falò di Cristina e Fermo era Glisente che provvedeva ad accenderne due, uno per ciascun fratello. Andarono avanti per molti anni finché quei fuochi uno alla volta si spensero. La prima a mancare fu Cristina, poi seguì Glisente, che secondo tradizione spirò il 6 agosto del 796, e infine Fermo.
Dopo la morte di Glisente alcuni pastori videro una colomba che portava ramoscelli e foglie sul monte. Salirono quindi all’eremo, vi trovarono il corpo del Santo e lo seppellirono nella grotta in cui viveva, dove oggi sorge la chiesa.
Questa la leggenda.
Secondo alcuni storiografi, peraltro di molti secoli posteriori a quando sarebbero avvenute le vicende di Glisente e dei suoi fratelli, il Santo potrebbe anche essere stato, forse più realisticamente, un frate dell’ordine degli Umiliati, fondatore di una casa di tale ordine sul monte di Berzo, oppure un nobile camuno di origine franca che seguendo l’esempio di S.Costanzo (a Conche), S.Obizio e molti altri a quell’epoca, si ritirò a vita di preghiera.
Avvolta nella leggenda sarebbe anche la vicenda della sparizione della sua salma.
A tal proposito si racconta che trascorsi alcuni anni dalla morte dell’eremita, già in odore di santità, alcuni Valtrumplini ne trafugarono i resti asportandoli dalla tomba al fine di venerarli nei loro paesi d’origine. Incamminati in direzione di Collio però furono avvolti dalla nebbia e in breve si scatenò anche una tempesta che li bloccò sul posto. Non più in grado di vedere né di proseguire compresero il loro errore e, dopo aver chiesto perdono a Dio, abbandonarono i resti in un anfratto roccioso non lontano dalla vetta del monte Crestoso, nel luogo che ancora oggi è detto la “nicchia di San Glisente”. Nei giorni successivi gli abitanti di Berzo recuperarono il corpo e lo portarono nella chiesa di San Lorenzo, sul fondovalle, dove la salma starebbe tuttora…
Questi gli episodi narrati con toni epici e leggendari.
Di certo si sa che, da molti secoli, San Glisente è oggetto di venerazione sia in Val Grigna che nella vicina Val Trompia, in modo particolare a Collio e a Bovegno.
Ai nostri giorni la festa del santo cade l’ultima domenica di luglio, mentre fino a pochi anni fa si celebrava a data fissa il 26 luglio, data in cui tradizionalmente si faceva risalire il ritrovamento della salma dopo il furto dei triumplini.
Quanto alla chiesa la sua stessa datazione resta dubbia. Se Padre Gregorio, nel XVII secolo, la fece risalire all’VIII, cioè all’epoca in cui si colloca tradizionalmente la morte di Glisente (l’anno 796) altri studiosi la credono edificata intorno al XII o XIII secolo, mentre il Panazza, da ultimo, ritenne più probabile una datazione attorno ai secoli XIV o XV.
Oggi l’edificio ci appare di semplice e rustica fattura, con un profilo a capanna suddiviso al suo interno da due campate.
Come accennato particolarmente suggestiva è la cripta, ancora oggi ben conservata, che presenta un piccolo altare e quattro colonne in granito e che, sembra, sia stata realizzata con un preciso orientamento che lascerebbe filtrare la prima luce del solstizio d’estate proprio sull’altare…
Sicuramente della chiesa, o meglio, di una primitiva chiesa, si parlava già in un rogito del notaio Pietro da Esine in cui, in data 21 aprile 1222, era citata la permuta di un terreno confinante “a mane e a sera con la ecclesia Sancti Glisentini”.
E di certo si sa, ad esempio, che nel 1459 venne fatto riferimento ad una costruzione senza tetto e quasi in rovina.
In seguito la chiesa venne più volte risistemata e più volte nuovamente danneggiata nei corso dei secoli. L’ultimo restauro risale alla seconda metà degli anni ottanta del secolo scorso, che vide anche la realizzazione dell’omonimo bivacco.
Per visitare l’eremo di San Glisente?
Bé, sappiate che per arrivare all’eremo bisogna camminare a lungo.
Innanzitutto è possibile salire dal fondovalle camuno, da Berzo, Bienno ed Esine, con dislivelli notevoli (compresi fra i 1.500 e i 1.600 m per circa 4-5 ore di salita), oppure si possono percorrere strade e sentieri con partenza dalle piste da sci di Montecampione, in quella che un tempo era conosciuta come Bassinale e che oggi i più conoscono come Plan, in circa 4 ore e 800 m di dislivello, saliscendi compresi.
Infine un ultimo percorso prende avvio dal Pian delle Baste, nella zona del Maniva in alta Valtrompia, transita dal passo delle Sette Crocette e dalla Nicchia di San Glisente e arriva all’eremo dopo circa 3 ore e mezza con 800 m di dislivello, anche qui, saliscendi compresi.
E badate, i tempi indicati sono relativi alla sola andata…
Per saperne di più su San Glisente e sulla sua storia consiglio di leggere l’agile opuscolo de “I Quaderni della ValGrigna, San Glisente – La Leggenda dell’eremita tra Val Grigna e Val Trompia”, edito nel 2010, che è possibile scaricare gratuitamente dal seguente link www.montagnedivalgrigna.it/multimedia/pubblicazioni/
*Articolo apparso sulla rivista Adamello, n. 132/2022