In bicicletta nell’Appennino piacentino
Sono tutte le tonalità di marrone e di verde, oltre all’azzurro del cielo, a caratterizzare la val d Arda in questa stagione.
Una valle densa di storia ma che pur vicina alla laboriosa pianura padana sembra essere un mondo a parte, lontano nel tempo e nello spazio.
L’ho scoperta un po’ per caso, complice una giornata che nel bresciano si preannunciava grigia e che mi ha indirizzato, giusto per cambiare un po’, verso i colli piacentini.
Basta un’ora di automobile, o poco più, per raggiungere Fiorenzuola da Brescia.
E in un’ora non si cambia solo Provincia, Regione, dialetto, usanze, ma ci si ritrova in un ambiente abbastanza diverso da quello delle Prealpi.
Un’ora per catapultarsi fra dolci colline e vigneti, per scoprire antichi borghi ma anche per toccare con mano lo spopolamento di queste valli.
Meta di oggi è la val D’Arda, una meta coltivata a lungo ma per mille ragioni sempre rimandata, che percorrerò in bicicletta in un percorso ad anello che mi porterà dapprima a Morfasso, poi al passo del Pelizzone con ritorno poi dalla strada panoramica di Vernasca.
Alla fine saranno quasi 90 km con circa 1.300 m di dislivello complessivi, fra arte, storia, boschi, piccoli borghi, strade (anche dissestate), e tanta, tanta natura.
Arrivato dall’Autostrada percorro la circonvallazione di Fiorenzuola e una volta giunto al bivio per Castell’Arquato, entro a Fiorenzuola dove parcheggio.
Cavalcata la bicicletta inizio a pedalare sulla trafficata strada, notando fin da subito alcuni cartelli indicanti la “Via Francigena” (per maggiori info visitate il sito https://viamonasteriregi.wordpress.com), non quella di Sigerico ma una delle sue infinite varianti, quasi a ricordare come nei secoli svariati furono i percorsi seguiti dai pellegrini.
Questo tracciato, attestato già nel 744 dal Re longobardo Ildebrando, rappresentava una sorta di scorciatoia alla più frequentata via che saliva da Fornovo verso il “monte Bardone” (l’attuale Cisa). Due i punti di riferimento per i pellegrini, l’Abbazia di Tolla e il Convento del Pelizzone, che garantivano ospitalità e protezione lungo il percorso.
Dopo 9 km arrivo a Castell’Arquato, vero gioiello architettonico della Val d’Arda, il cui borgo medioevale, arroccato sui primi rilievi, domina fin da lontano il paesaggio.
Salgo nel centro storico lungo una strada selciata e mi fermo nella piazza centrale proprio accanto al municipio e all’antico palazzo del podestà. Qui cerco un bar per bere un primo caffè ma… data l’ora, non sono ancora le 8, trovo ancora tutto chiuso. Solo un operaio del Comune in circolazione e nessun altro. Ma ancora per poco. Giusto un paio d’ore e frotte di turisti animeranno la piazza.
Riprendo allora la bicicletta e proseguo sulla strada di fondovalle fino a Lugagnano, superato il quale il traffico diventa praticamente inesistente e pedalare diventa un vero piacere, su strade mai troppo pendenti, e con panorami mutevoli e sempre interessanti.
Superato l’enorme Cementificio giungo in vista della diga di Mignano (341 m) sbarramento artificiale edificato, tra il 1919 ed il 1934 per produzione di energia idroelettrica, oggi utilizzato come riserva idrica a fini agricoli.
Con mia grande sorpresa scopro però che il lago, che in condizioni normali dovrebbe coprire circa 2 kmq di superficie è in secca… Non che la visione sia comunque priva di fascino, certo però l’aspetto un po’ malinconico che regala non nasconde le riflessioni sullo spreco di risorse che caratterizza la nostra epoca.
Da qui in poi si prosegue sulla tranquillissima strada che si alza con modesta pendenza fra boschi e prati, dove le rare automobili e qualche casa isolata nulla tolgono alla quiete che si respira.
Ogni tanto si ritrova anche qualche cartello indicante la via Francigena, giusto per ricordare che stiamo seguendo correttamente il percorso, come a Sperongia dove accanto alla chiesa con la grotta di Lourdes è indicato anche il piccolo Museo della Resistenza piacentina, inaugurato nel 2009, che testimonia come la Val d’Arda fosse stata la culla delle prime bande partigiane nel secondo conflitto mondiale.
Più avanti si giunge finalmente in vista di Morfasso, piccolo paese collinare alle cui spalle la rocciosa cima ofiolitica del monte Menegosa, dai suoi 1350 m, domina e chiude la val d’Arda.
Arrivato in paese (630 m di quota) sosto per il meritato caffè, ben osservato dai pochi avventori del bar, poi ripreso il mio mezzo oltrepasso la chiesa e prendo subito dopo a sinistra una stradetta asfaltata (indicazione Bardi) che lungamente, con leggeri saliscendi, si ricollega dopo 12 km alla più frequentata strada SP359 che sale da Vernasca, non prima di aver incontrato un paio di cavalli che tranquillamente passeggiavano sulla strada…
Ora manca davvero poco. Superando le numerose automobili dei cercatori di funghi giungo infine al passo del Pelizzone (1.030 m) che collega la Val d’arda con la Val Ceno e Bardi.
Qui una meritata sosta caffè mi fa entrare nell’unico bar del valico, dal sapore d’altri tempi.
“Lei che ne pensa della strada? Guardi com’è ridotta!” mi chiede l’anziana proprietaria “abbiamo raccolto anche le firme ma… Non è cambiato niente. E di turisti se ne vedono sempre meno”.
Come darle torto. La strada presenta numerosi tratti con ghiaia, usata per coprire o, se preferite, nascondere, le numerose buche e cedimenti della strada. Insomma, una delle conseguenze dei tagli agli enti locali e del turismo in tempo di crisi.
Ripresa la bicicletta continuo in discesa verso Piacenza, sulla strada panoramica di crinale, arrivando ben presto a Bore, un paese di villeggiatura che si apre come un balcone sulla val Ceno.
Poco dopo torno in Val d’Arda e scendo rapidamente a Vernasca (430m), soleggiato paese che sorge proprio sullo spartiacque fra la Val d’Arda e la piccola val d’Ongina.
Superato Vernasca tengo due volte la sinistra e ritorno infine nel fondovalle nei pressi di Lugagnano dove, a ritroso rispetto al percorso di salita, torno infine alla macchina.
Che dire… Se vi va una bella pedalata non fatevi mancare la Val d’Arda!