“Nella vita non contano i passi che fai né le scarpe che usi, ma le impronte che lasci”
É la frase che si legge sulla targa posta all’ingresso del bivacco Corini, al passo del Valzellazzo (2.016 m), quello che probabilmente è, ad oggi, il più recente bivacco bresciano.
Per raccontare del bivacco dobbiamo però iniziare parlando del Sentiero 6 Camuno (in questi anni rinumerato come sentiero n.106).
Immerso in un ambiente remoto, solitario e con lunghi tratti impervi, il sentiero 6 è un lungo tracciato nato anni fa su iniziativa del CAI di Cedegolo che conduce da Borno a Pescarzo, attraverso le ripide balze erbose della dorsale che dal pizzo Camino prosegue fino alla Concarena.
Un tracciato che aveva come punti d’appoggio il bivacco val Baione, proprio nel cuore della Concarena, e i rifugi Laeng e San Fermo, sulle pendici del pizzo Camino, ma che era carente di una struttura di ricovero nella lunga tappa che, appunto, collegava i due gruppi montuosi.
La necessità di un bivacco che desse supporto a chi percorreva il trekking si incrociò quindi con la singolare storia di un bivacco moderno e tecnologico che avrebbe dovuto sostituire il Giannantonj, posto nei pressi del passo di Salarno ad una quota di 3.169 m, ai margini del ghiacciaio del Pian di Neve.
Tutto ebbe inizio nel 2012 quando venne bandito, dal Distretto Culturale di Valle Camonica, il concorso “Abitare minimo nelle Alpi”, per la progettazione di un bivacco d’alta quota.
Un concorso nato dall’incontro tra la rassegna di arte “2012 art on the border” diretta da Giorgio Azzoni, e il lavoro di ricerca condotto da Paolo Mestriner e Massimiliano Spadoni nel Politecnico di Milano, che intendeva indurre un ripensamento del rapporto tra uomo e territorio sulla base di concetti come responsabilità, sostenibilità e sobrietà.
Al concorso di idee parteciparono oltre 200 progetti da tutta Italia. Il progetto vincitore (di Alessandro Felici, Alessio Santamaria, Rocco Cammarota, Dario Rossi, Ermanno D’Amico) venne poi realizzato materialmente dalla ditta Albertani di Edolo.
Inizialmente destinata a sostituire, come detto, il Giannantonj, la struttura non venne tuttavia in seguito più ritenuta idonea a causa delle nuove e più stringenti normative antisismiche che coinvolgevano la zona dell’Adamello.
Sorse quindi l’idea di collocare il moderno ricovero sul sentiero n.6. Ottenute le somme necessarie al trasporto e alla posa dal Settembre 2016 il bivacco offre ospitalità al passo del Valzellazzo, a 2.088 m di quota.
La struttura è moderna, a forma triangolare, con pareti in legno all’interno e fibra di carbonio all’esterno, ed è dotata di 7 posti letto.
Da rimarcare le soluzioni tecnologiche innovative per la produzione di energia elettrica, resa possibile grazie ai pannelli solari, oltre che al piccolo impianto eolico collegato ad un accumulatore interno e ad una fascia di zinco che raccoglie radiazioni solari da ogni angolatura. L’elettricità così prodotta permette di illuminare internamente la struttura, alimentando anche un piccolo fornelletto e facendo infine funzionare una lampada rossa ad intermittenza che permette di individuare il bivacco anche nelle ore notturne.
Il piccolo punto sosta è dedicato a don Giulio Corini, Parroco di Mura, che nel settembre del 2014 morì in seguito ad un malore all’età di 67 anni, lungo il sentiero che conduce da Sommaprada a Santa Cristina, a poco più di 1.000 metri di quota, non lontano quindi dalla zona in cui oggi sorge il bivacco.
Come si raggiunge
Si può raggiungere il Passo di Valzellazzo sia dal versante bresciano che da quello bergamasco.
Più breve salire dalla Val di Scalve (circa 2 ore e 550 m di dislivello per la sola salita).
Per farlo, una volta raggiunto Schilpario si prosegue in direzione del Passo del Vivione, lungo una strada con lunghi tratti ad unica carreggiata. Arrivati nella località Cimalbosco (c.d. baracca rossa), nei pressi del Rifugio Bagozza, si lasciano i propri mezzi e ci si incammina sulla strada sterrata che sale al Passo Campelli ed al rif.Campione. Giusto una manciata di minuti e, giunti ad un bivio segnalato, si devia a destra camminando sui fianchi della cima Crap e del Cimon della Bagozza. Più avanti, arrivati ad un’altra biforcazione, si segue infine a sinistra il sentiero 418 che inizia a inerpicarsi, fra ontani, pini mughi e rododendri, raggiungendo infine il bivacco dopo aver risalito pazientemente un ghiaione.
Più lunga la camminata se invece si intende partire da Lozio (per la sola salita servono circa 4 ore per 1200 m di dislivello, saliscendi compresi).
Dalla località Villa (1.050 m), prendendo come riferimento il parcheggio nella parte est dell’abitato, proprio accanto all’inizio della strada forestale si notano le indicazioni per il bivacco. Dapprima su strada, poi su un sentiero nel bosco si sale fino ad intersecare la recente – e assai discussa – strada che sale alla malga Vai Piane (1.995 m). La seguiamo fino al suo termine poi, facendo attenzione ai paletti segnaletici e ai segnavia biancorossi, seguiamo il sentiero (è il n.106) che percorre i ripidi fianchi erbosi del monte Vai Piane e si fa via via più impervio ed impegnativo, con alcuni tratti esposti solamente in parte attrezzati con catene, raggiungendo infine il passo del Valzellazzo.
Oltre a questi due accessi il passo e il bivacco sono ovviamente raggiungibili anche percorrendo il sentiero n.6/106, il solitario e impegnativo trekking di cui si è fatto cenno.
Per saperne di più si consiglia la lettura di:
“Abitare minimo nelle Alpi”, a cura di Giorgio Azzoni e Paolo Mestriner -Lettera Ventidue, 2013;
*Articolo apparso sulla rivista Adamello, n. 133/2023